In un mondo sempre più attento all’ambiente e alla salute del cittadino, diventa di cruciale importanza affrontare il problema dei fanghi di depurazione sotto un’ottica più ampia. Non basta solo risolvere il problema, ma anche, e forse soprattutto, guardare avanti per innovare.
Le tecnologie giuste stanno emergendo, sta a noi usarle in maniera intelligente e avere il coraggio di osare. Questa la provocazione che ha accompagnato la tavola rotonda moderata da Marco Bencivenga, direttore de “La provincia di Cremona”, nell’ambito della prima giornata di lavori di Watec 2019.
Chiamati ad intervenire sugli aspetti più spinosi che accompagnano la questione, cinque esperti del settore hanno offerto interessanti spunti che lasciano intendere come ci si sta muovendo nella direzione giusta.
Secondo Paolo Giacomelli, Vice Direttore Generale Utilitalia, l’importante è puntare verso un reale coordinamento tra gli operatori nel settore dei rifiuti e del servizio idrico, affiancando questo processo ad una strategia nazionale, che non concentri le responsabilità sulla singola regione, ma abbia un approccio sovraterritoriale con un taglio di carattere nazionale. Una questione non secondaria anche per Andrea Lanuzza, direttore area tecnica Gruppo Cap, vista la scarsa uniformità di approccio a livello italiano.
È necessario però un cambio di mentalità, aumentando le competenze, la divulgazione e l’informazione per uscire dalla convinzione che i fanghi siano solo un problema. Parola di Viviane Iacone, della Regione Lombardia.
“Parlarne, confrontarsi, condividere soluzioni e strategie è già un valore – interviene Alessandro Lanfranchi, Amministratore delegato di Padania Acque – un modo positivo di porci a livello nazionale ed europeo. Le nuove tecnologie ci sono e rappresentano una grande opportunità. Non dobbiamo solo risolvere questa tematica, ma studiarla per innovare, guardare avanti, senza dimenticare che occorre essere veloci nelle scelte per mettere in campo soluzioni concrete ed economicamente sostenibili”.
“Un aspetto reale, quello della tempestività – commenta Claudio Sanna, Amministratore Delegato di LGH – visto che il tempo medio per passare dal concetto al progetto è di 36mesi, troppi per avere un impatto concreto nella vita delle comunità”.
Su un punto tutti gli esperti intervenuti alla tavola rotonda che ha chiuso la giornata promossa da CremonaFiere e Padania Acque sono concordi: per innovare occorrono risorse economiche importanti. Ma non bisogna aver paura di investire, perché la responsabilità ambientale ha costi ancora maggiori, se si arriva ad operare in emergenza, mentre se si pianificano interventi graduali e continui si può avere una migliore efficienza e soprattutto gravare il meno sugli utenti alla fine della catena.
I punti cardine per avere successo? “Avere un approccio di sistema – conclude Stefano Ottolini direttore di Padania Acque – perché non c’è più tempo da perdere e non si possono più disperdere risorse economicamente rilevanti come potrebbero diventare i fanghi di depurazione”.